Museo Fondazione Santomasi

Basilica minore dedicata a Santa Maria Assunta, costruita nell’undicesimo secolo e ampliata nel Quattrocento.

Nel cuore della città antica sorge Il Museo Santomasi che ospita una collezione di ceramiche e reperti bronzei ritrovati durante gli scavi archeologici nell’area di Botromagno. Questa include più di 2000 reperti che aiutano a risalire il fiume della storia fino ai primi insediamenti in queste terre. Il museo ospita anche una pinacoteca contenente più di 260 tele.

Ricostruita all’interno del Museo Santomasi per preservarla dall’azione erosiva dell’umidità, la Cripta di San Vito Vecchio è una delle chiese rupestri più iconiche, al suo interno è possibile osservare stupendi cicli di affreschi sacri.

LA FONDAZIONE ETTORE POMARICI SANTOMASI
Il palazzo Pomarici Santomasi è un edificio del XVII secolo, che pur senza imponenza architettonica, si appalesa subito quale abitazione signorile.
Nel 1797, i Reali di Napoli, in un loro viaggio in Puglia si fermarono due volte a Gravina: i Sovrani alloggiarono nel Palazzo Ducale, ma il ministro Acton ed altre personalità del seguito Reale, trovarono appunto nel Palazzo Pomarici Santomasi degna ospitalità.Sulla facciata dell’ edificio è apposta da tempo la seguente epigrafe:
ETTORE POMARICI SANTOMASI “Morendo nel 1917 senza discendenza maschile, donò al Municipio di Gravina perché insieme coi domestici ricordi vi fossero serbate le memorie cittadine, questo suo avito Palazzo che fu dei Santomasi, cospicui cittadini gravinesi e passò poi per eredità ai Pomarici nobili montepelosani i quali, presi qui stanza, furono per un secolo e mezzo decoro della patria adottiva – MCMXXI”.La Fondazione “Ettore Pomarici Santomasi” si propone quale realtà che sottolinea, con la sua strutturazione operativa, la capacità di interagire, intessendo sul territorio una fitta rete di attività capace di dare concreta dimostrazione del livello di civiltà storica raggiunto.
Ubicata nel cuore del Centro Storico della Città , è l’esito sublimato della volontà del benemerito barone Ettore Pomarici Santomasi, ultimo esponente maschile, che con specifica disposizione testamentaria, dopo la sua morte avvenuta il 7/12/1917, grazie al lascito legato in favore della Città di Gravina , dispose che venisse eretta in Ente Morale nel 1920, con R.D.n° 1761 del 28/11/1920.
La Fondazione intitolata a Suo nome, è costituita dal Museo-Pinacoteca-Biblioteca-Archivio Storico e da una estesa Azienda Agricola.
Nello Statuto all’art. 2 sono fissati gli scopi principali dell’Ente.
Essi sono:

 

  • la valorizzazione dei beni e delle attività riguardanti il patrimonio culturale artistico ed archeologico della nostra Città;
  • il patrocinio e la promozione di iniziative intese a divulgare i valori artistici, storici e culturali, e le tradizioni popolari di Gravina, con preferenza per quelle intraprese dai giovani gravinesi capaci e meritevoli;
  • il ripristino, nel rispetto delle volontà del fondatore, di un indirizzo didattico – professionale della Fondazione, mediante l’istituzione di una scuola tecnico professionale.

La visita alla casa-museo, conservata inalterata negli apparati decorativi e negli arredi originali, consente di immergersi con tranquillità nella dimensione storica del tempo e di vivere uno spaccato della vita nobiliare di provincia; in particolare si segnala, il salone di rappresentanza con mobilio del 1600/1700.

E’ possibile seguire, al piano superiore, il percorso archeologico, articolato secondo i moderni criteri di allestimento museografici. Attraverso l’esposizione di significative testimonianze antiche, sono state ben riconosciute le fasi legate all’antropizzazione del territorio di Gravina, sin dalla preistoria, con una particolare attenzione per i reperti provenienti dagli scavi di Botromagno databili tra il XIII e il III sec. a.C.

Il percorso continua con la sezione della Numismaticache conta ben 1608 monete e che ha il pregio di offrire un quadro esemplificativo e quindi stimolante per eventuali approfondimenti scientifici, giacchè esse sono classificate in ordine cronologico: greco, romano repubblicano, imperiale, bizantino, medievale e moderno.
La “moneta” che fu una innovazione tipicamente greca, venne prima accettata, poi anche imitata da molti centri indigeni. Fra di essi il centro Sidion, oggi ben identificato col sito archeologico rinvenuto sulla collina di Botromagno a Gravina e che sicuramente ebbe il privilegio di curare una notevole produzione monetale. Sulle sue monete appaiono, su un lato la testa di Zeus laureato e barbato e sull’altro l’Eracle stante, leggermente reclinato a destra, che si sostiene sulla clava; la tipologia di questi esemplari è prettamente greca. Alla stessa stregua dei Greci, i Romani adottarono sulla loro moneta una tipologia ispirata non solo alla religione e alla politica ma anche culturale.
Sulle monete, “si sviluppò a partire dal II sec. a.C., una sorta di pubblicità indiretta”, riferita a momenti politici della storia romana, quali quella della istituzione del voto segreto rappresentata da una scena di votazione, avvenuta fra il 139 ed il 107 a.C., caldeggiata dal partito dei Gracchi per evitare pressioni indebite e frodi elettorali (nel medagliere monete nn.367-368-369); tipi costanti del più antico Denario della repubblica romana sono sul diritto l’effige di ROMA sede della zecca, testa di profilo a destra, coperta dall’elmo attico alato e ornato d’un grifo, sul rovescio Giove su quadriga trainata dai Diòscuri al galoppo (nel medagliere moneta n. 310).

Particolarissima e rara questa moneta perché uno dei quattro cavalli ha le due zampe anteriori totalmente sollevate. Inoltre, merita di essere segnalato “ l’augustale” coniato sotto il regno di Federico II di Svevia, con l’immagine del Sovrano in veste imperiale (dal medagliere moneta n.612).Continuando il percorso è possibile ammirare i circa 200 dipinti della Pinacoteca databili tra il 1500/1900. Emergono per valenza artistica ed espressiva la Madonna col Bambino e la Disputa di Gesù fra i dottori databili al 1600, di Francesco Guarini, maestro di scuola napoletana e il San Sebastiano di Ludovico Carracci, autografo, del 1599, di scuola bolognese (dipinti dello stesso autore sono esposti nella galleria d’arte al Louvre a Parigi).
Continuando il percorso, rilevante interesse raccoglie la collezione delle maioliche di fabbricazione locale: mattonelle murali, pavimenti, albarelli, presentatoi, databili tra XVII e XVIII sec. A tal proposito, va segnalato che lo storico Giovan Battista Pacichelli, nel suo volume “Regno di Napoli in prospettiva” del 1703, indicava Gravina tra le città più ricche del regno, ove si lavoravano “maioliche alla moda di Faenza”. Inoltre, la Fondazione “Ettore Pomarici Santomasi” custodisce la collezione di “maioliche di Castelli”, cittadina dell’ Abruzzo, che riveste particolare importanza in quanto prodotta da importanti famiglie di ceramisti del XVII e XVIII sec., quali Grue, Cappelletti, Gentile. Rappresentano paesaggi istoriati e scene mitologiche, degna di nota è la dolce Madonna col Bambino, avvolta in una delicata luce ottenuta da un soave gioco di candidi colori.

Segue l’ambiente che ospita la mostra degli “abiti d’epoca”, significativi elementi di abbigliamento del 1600/1800, che costituisce una operazione culturale di rilevante spessore qualitativo e che rivela la funzione di rappresentanza che gli abiti hanno avuto nella storia del costume di una società che li ha assunti a riferimento simbolico.

Di notevole importanza sono gli affreschi della cripta rupestre di San Vito Vecchio. Sino al 1956, gli affreschi decoravano le pareti e la conca absidale della Cripta rupestre di San Vito Vecchio. Staccati dalla sede originaria, in Via Fornaci a cura dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma, restaurati e posizionati in un nuovo ambiente che riproduce l’invaso della cripta, gli affreschi, unica testimonianza del patrimonio culturale italiano, furono esposti alla Mostra Universale che si tenne nel 1958 a Bruxelles, suscitando grande ammirazione.
Il ciclo degli affreschi è conservato nel palazzo Pomarici Santomasi, dove è stata ricreata l’originaria struttura. L’ambiente è dominato dalla gigantesca figura, nell’abside, del Cristo Pantocratore, assiso in trono e sorretto da 4 angeli. Sulla parete sinistra, a cominciare dall’ingresso, sono collocati, entro una sequenza di arcatelle, figure di santi. A sinistra: S. Pietro, S. Lazzaro, S. Giacomo e S. Basilio. Ai 4 santi segue, entro un riguardo, la scena delle tre Marie al Sepolcro, con la presenza di una figura d’Angelo.
Sulla parete destra, a cominciare dall’ingresso, sono collocati le immagini dei seguenti santi: S. Caterina d’Alessandria, la Vergine seduta in trono che regge il Bambino benedicente, S. Bartolomeo, S. Nicola di Bari, S. Margherita, S. Cosma e, molto probabilmente, S. Giovanni Crisostomo ed infine S. Martino (del XVI secolo).
Il complesso costituisce una presenza della cultura pugliese nel contesto artistico che, fra il XII e il XIII secolo, collegava l’Occidente con l’Oriente.

Altro patrimonio di inestimabile valore storico è la Biblioteca della Fondazione “Ettore Pomarici Santomasi”. Aperta al pubblico nel 1932, conta circa 50.000 volumi, con un cospicuo fondo antico raro e di pregio. Di rilevante interesse si segnalano: 2 incunabuli, 229 cinquecentine, 400 seicentine, 2290 settecentine, “L’Encyclopedie des Sciences des Arts et des Métiers” di Diderot – D’Alembert (1770), n. 41 volumi dello Scienziato Arcangelo Scacchi.
Parte integrante della Biblioteca è un importante Archivio Storico: tra i pezzi più pregevoli si annoverano: lo “Statuto Municipale o Capitolazioni di Gravina” del 1560; “l’Apprezzo sulla Città di Gravina”, tratto dal Tabulario di Virgilio de Marino del 1608; le pregevoli e rare Pergamene, datate 1600/1700, il cui nucleo principale è costituito da “dottorati” in diritto civile e canonico conseguiti all’Università di Napoli; documento di mirabile fattura, acquerellata con fregi in oro zecchino, la pergamena del “Dottorato di Nicola Francesco Molinari 1667” raffigurante l’aquila con due teste – simbolo dell’Impero e riferita all’Università di Napoli. Degno di essere segnalato è il volume di Storia Naturale di Plinio II Gaio, stampato il 1525.
Va rilevato che questa fortunata abbondanza di opere d’arte, custodite dalla Fondazione “Ettore Pomarici Santomasi”, non è conosciuta come meriterebbe, è il suo patrimonio culturale, considerato forse ingiustamente, minore, merita di essere ancora totalmente scoperto.
E’ pur vero che la scoperta delle magie del passato, in luoghi meno noti, spesso i più piccoli, quali l’antiquarium o la pinacoteca, rende ancora possibile il colloquio personale, riflessivo e sognato con le opere. “Far conoscere e far capire deve essere un impegno di ogni singolo cittadino, prima ancora che delle Istituzioni preposte, perché si può conservare solo quello che si conosce!”

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